28-11-2019

 

Carissiminon obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. 

Io, invece, vi voglio infastidire.

Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. 

Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.

I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale!

Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza. 

+ Tonino Bello

 

15-06-2019

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

 

III GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

 

Domenica XXXIII del Tempo Ordinario
17 novembre 2019

 

La speranza dei poveri non sarà mai delusa

 

 

 

1. «La speranza dei poveri non sarà mai delusa» (Sal 9,19). Le parole del Salmo manifestano una incredibile attualità. Esprimono una verità profonda che la fede riesce a imprimere soprattutto nel cuore dei più poveri: restituire la speranza perduta dinanzi alle ingiustizie, sofferenze e precarietà della vita.

 

Il Salmista descrive la condizione del povero e l’arroganza di chi lo opprime (cfr 10, 1-10). Invoca il giudizio di Dio perché sia restituita giustizia e superata l’iniquità (cfr 10, 14-15). Sembra che nelle sue parole ritorni la domanda che si rincorre nel corso dei secoli fino ai nostri giorni: come può Dio tollerare questa disparità? Come può permettere che il povero venga umiliato, senza intervenire in suo aiuto? Perché consente che chi opprime abbia vita felice mentre il suo comportamento andrebbe condannato proprio dinanzi alla sofferenza del povero?

 

Nel momento della composizione di questo Salmo si era in presenza di un grande sviluppo economico che, come spesso accade, giunse anche a produrre forti squilibri sociali. La sperequazione generò un numeroso gruppo di indigenti, la cui condizione appariva ancor più drammatica se confrontata con la ricchezza raggiunta da pochi privilegiati. L’autore sacro, osservando questa situazione, dipinge un quadro tanto realistico quanto veritiero.

 

Era il tempo in cui gente arrogante e senza alcun senso di Dio dava la caccia ai poveri per impossessarsi perfino del poco che avevano e ridurli in schiavitù. Non è molto diverso oggi. La crisi economica non ha impedito a numerosi gruppi di persone un arricchimento che spesso appare tanto più anomalo quanto più nelle strade delle nostre città tocchiamo con mano l’ingente numero di poveri a cui manca il necessario e che a volte sono vessati e sfruttati. Tornano alla mente le parole dell’Apocalisse: «Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo» (Ap 3,17). Passano i secoli ma la condizione di ricchi e poveri permane immutata, come se l’esperienza della storia non insegnasse nulla. Le parole del Salmo, dunque, non riguardano il passato, ma il nostro presente posto dinanzi al giudizio di Dio.

 

2. Anche oggi dobbiamo elencare molte forme di nuove schiavitù a cui sono sottoposti milioni di uomini, donne, giovani e bambini.

 

Incontriamo ogni giorno famiglie costrette a lasciare la loro terra per cercare forme di sussistenza altrove; orfani che hanno perso i genitori o che sono stati violentemente separati da loro per un brutale sfruttamento; giovani alla ricerca di una realizzazione professionale ai quali viene impedito l’accesso al lavoro per politiche economiche miopi; vittime di tante forme di violenza, dalla prostituzione alla droga, e umiliate nel loro intimo. Come dimenticare, inoltre, i milioni di immigrati vittime di tanti interessi nascosti, spesso strumentalizzati per uso politico, a cui sono negate la solidarietà e l’uguaglianza? E tante persone senzatetto ed emarginate che si aggirano per le strade delle nostre città?

 

Quante volte vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere il frutto dello scarto e del superfluo, per trovare qualcosa di cui nutrirsi o vestirsi! Diventati loro stessi parte di una discarica umana sono trattati da rifiuti, senza che alcun senso di colpa investa quanti sono complici di questo scandalo. Giudicati spesso parassiti della società, ai poveri non si perdona neppure la loro povertà. Il giudizio è sempre all’erta. Non possono permettersi di essere timidi o scoraggiati, sono percepiti come minacciosi o incapaci, solo perché poveri.

 

Dramma nel dramma, non è consentito loro di vedere la fine del tunnel della miseria. Si è giunti perfino a teorizzare e realizzare un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza. Vagano da una parte all’altra della città, sperando di ottenere un lavoro, una casa, un affetto… Ogni eventuale possibilità offerta, diventa uno spiraglio di luce; eppure, anche là dove dovrebbe registrarsi almeno la giustizia, spesso si infierisce su di loro con la violenza del sopruso. Sono costretti a ore infinite sotto il sole cocente per raccogliere i frutti della stagione, ma sono ricompensati con una paga irrisoria; non hanno sicurezza sul lavoro né condizioni umane che permettano di sentirsi uguali agli altri. Non esiste per loro cassa integrazione, indennità, nemmeno la possibilità di ammalarsi.

 

Il Salmista descrive con crudo realismo l’atteggiamento dei ricchi che depredano i poveri: “Stanno in agguato per ghermire il povero…attirandolo nella rete” (cfr Sal 10,9). È come se per loro si trattasse di una battuta di caccia, dove i poveri sono braccati, presi e resi schiavi. In una condizione come questa il cuore di tanti si chiude, e il desiderio di diventare invisibili prende il sopravvento. Insomma, riconosciamo una moltitudine di poveri spesso trattati con retorica e sopportati con fastidio. Diventano come trasparenti e la loro voce non ha più forza né consistenza nella società. Uomini e donne sempre più estranei tra le nostre case e marginalizzati tra i nostri quartieri.

 

3. Il contesto che il Salmo descrive si colora di tristezza, per l’ingiustizia, la sofferenza e l’amarezza che colpisce i poveri. Nonostante questo, offre una bella definizione del povero. Egli è colui che “confida nel Signore” (cfr v. 11), perché ha la certezza di non essere mai abbandonato. Il povero, nella Scrittura, è l’uomo della fiducia! L’autore sacro offre anche il motivo di tale fiducia: egli “conosce il suo Signore” (cfribid.), e nel linguaggio biblico questo “conoscere” indica un rapporto personale di affetto e di amore.

 

Siamo dinanzi a una descrizione davvero impressionante che non ci aspetteremmo mai. Ciò, tuttavia, non fa che esprimere la grandezza di Dio quando si trova dinanzi a un povero. La sua forza creatrice supera ogni aspettativa umana e si rende concreta nel “ricordo” che egli ha di quella persona concreta (cfr v. 13). È proprio questa confidenza nel Signore, questa certezza di non essere abbandonato, che richiama alla speranza. Il povero sa che Dio non lo può abbandonare; perciò vive sempre alla presenza di quel Dio che si ricorda di lui. Il suo aiuto si estende oltre la condizione attuale di sofferenza per delineare un cammino di liberazione che trasforma il cuore, perché lo sostiene nel più profondo.

 

4. È un ritornello permanente delle Sacre Scritture la descrizione dell’agire di Dio in favore dei poveri. Egli è colui che “ascolta”, “interviene”, “protegge”, “difende”, “riscatta”, “salva”… Insomma, un povero non potrà mai trovare Dio indifferente o silenzioso dinanzi alla sua preghiera. Dio è colui che rende giustizia e non dimentica (cfr Sal 40,18; 70,6); anzi, è per lui un rifugio e non manca di venire in suo aiuto (cfr Sal 10,14).

 

Si possono costruire tanti muri e sbarrare gli ingressi per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ricchezze a danno di quanti si lasciano fuori. Non sarà così per sempre. Il “giorno del Signore”, come descritto dai profeti (cfr Am 5,18; Is 2-5; Gl 1-3), distruggerà le barriere create tra Paesi e sostituirà l’arroganza di pochi con la solidarietà di tanti. La condizione di emarginazione in cui sono vessati milioni di persone non potrà durare ancora a lungo. Il loro grido aumenta e abbraccia la terra intera. Come scriveva Don Primo Mazzolari: «Il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie; il povero è una polveriera. Se le dai fuoco, il mondo salta».

 

5. Non è mai possibile eludere il pressante richiamo che la Sacra Scrittura affida ai poveri. Dovunque si volga lo sguardo, la Parola di Dio indica che i poveri sono quanti non hanno il necessario per vivere perché dipendono dagli altri. Sono l’oppresso, l’umile, colui che è prostrato a terra. Eppure, dinanzi a questa innumerevole schiera di indigenti, Gesù non ha avuto timore di identificarsi con ciascuno di essi: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Sfuggire da questa identificazione equivale a mistificare il Vangelo e annacquare la rivelazione. Il Dio che Gesù ha voluto rivelare è questo: un Padre generoso, misericordioso, inesauribile nella sua bontà e grazia, che dona speranza soprattutto a quanti sono delusi e privi di futuro.

 

Come non evidenziare che le Beatitudini, con le quali Gesù ha inaugurato la predicazione del regno di Dio, si aprono con questa espressione: «Beati voi, poveri» (Lc 6,20)? Il senso di questo annuncio paradossale è che proprio ai poveri appartiene il Regno di Dio, perché sono nella condizione di riceverlo. Quanti poveri incontriamo ogni giorno! Sembra a volte che il passare del tempo e le conquiste di civiltà aumentino il loro numero piuttosto che diminuirlo. Passano i secoli, e quella beatitudine evangelica appare sempre più paradossale; i poveri sono sempre più poveri, e oggi lo sono ancora di più. Eppure Gesù, che ha inaugurato il suo Regno ponendo i poveri al centro, vuole dirci proprio questo: Lui ha inaugurato, ma ha affidato a noi, suoi discepoli, il compito di portarlo avanti, con la responsabilità di dare speranza ai poveri. È necessario, soprattutto in un periodo come il nostro, rianimare la speranza e restituire fiducia. È un programma che la comunità cristiana non può sottovalutare. Ne va della credibilità del nostro annuncio e della testimonianza dei cristiani.

 

6. Nella vicinanza ai poveri, la Chiesa scopre di essere un popolo che, sparso tra tante nazioni, ha la vocazione di non far sentire nessuno straniero o escluso, perché tutti coinvolge in un comune cammino di salvezza. La condizione dei poveri obbliga a non prendere alcuna distanza dal Corpo del Signore che soffre in loro. Siamo chiamati, piuttosto, a toccare la sua carne per comprometterci in prima persona in un servizio che è autentica evangelizzazione. La promozione anche sociale dei poveri non è un impegno esterno all’annuncio del Vangelo, al contrario, manifesta il realismo della fede cristiana e la sua validità storica. L’amore che dà vita alla fede in Gesù non permette ai suoi discepoli di rinchiudersi in un individualismo asfissiante, nascosto in segmenti di intimità spirituale, senza alcun influsso sulla vita sociale (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 183).

 

Recentemente abbiamo pianto la morte di un grande apostolo dei poveri, Jean Vanier, che con la sua dedizione ha aperto nuove vie alla condivisione promozionale con le persone emarginate. Jean Vanier ha ricevuto da Dio il dono di dedicare tutta la sua vita ai fratelli con gravi disabilità che spesso la società tende ad escludere. È stato un “santo della porta accanto” alla nostra; con il suo entusiasmo ha saputo raccogliere intorno a sé tanti giovani, uomini e donne, che con impegno quotidiano hanno dato amore e restituito il sorriso a tante persone deboli e fragili offrendo loro una vera “arca” di salvezza contro l’emarginazione e la solitudine. Questa sua testimonianza ha cambiato la vita di tante persone e ha aiutato il mondo a guardare con occhi diversi alle persone più fragili e deboli. Il grido dei poveri è stato ascoltato e ha prodotto una speranza incrollabile, creando segni visibili e tangibili di un amore concreto che fino ad oggi possiamo toccare con mano.

 

7. «L’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via» (ibid., 195) è una scelta prioritaria che i discepoli di Cristo sono chiamati a perseguire per non tradire la credibilità della Chiesa e donare speranza fattiva a tanti indifesi. La carità cristiana trova in essi la sua verifica, perché chi compatisce le loro sofferenze con l’amore di Cristo riceve forza e conferisce vigore all’annuncio del Vangelo.

 

L’impegno dei cristiani, in occasione di questa Giornata Mondiale e soprattutto nella vita ordinaria di ogni giorno, non consiste solo in iniziative di assistenza che, pur lodevoli e necessarie, devono mirare ad accrescere in ognuno l’attenzione piena che è dovuta ad ogni persona che si trova nel disagio. «Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione» (ibid., 199) per i poveri nella ricerca del loro vero bene. Non è facile essere testimoni della speranza cristiana nel contesto della cultura consumistica e dello scarto, sempre tesa ad accrescere un benessere superficiale ed effimero. È necessario un cambiamento di mentalità per riscoprire l’essenziale e dare corpo e incisività all’annuncio del regno di Dio.

 

La speranza si comunica anche attraverso la consolazione, che si attua accompagnando i poveri non per qualche momento carico di entusiasmo, ma con un impegno che continua nel tempo. I poveri acquistano speranza vera non quando ci vedono gratificati per aver concesso loro un po’ del nostro tempo, ma quando riconoscono nel nostro sacrificio un atto di amore gratuito che non cerca ricompensa.

 

8. A tanti volontari, ai quali va spesso il merito di aver intuito per primi l’importanza di questa attenzione ai poveri, chiedo di crescere nella loro dedizione. Cari fratelli e sorelle, vi esorto a cercare in ogni povero che incontrate ciò di cui ha veramente bisogno; a non fermarvi alla prima necessità materiale, ma a scoprire la bontà che si nasconde nel loro cuore, facendovi attenti alla loro cultura e ai loro modi di esprimersi, per poter iniziare un vero dialogo fraterno. Mettiamo da parte le divisioni che provengono da visioni ideologiche o politiche, fissiamo lo sguardo sull’essenziale che non ha bisogno di tante parole, ma di uno sguardo di amore e di una mano tesa. Non dimenticate mai che «la peggiore discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale»(ibid., 200).

 

I poveri prima di tutto hanno bisogno di Dio, del suo amore reso visibile da persone sante che vivono accanto a loro, le quali nella semplicità della loro vita esprimono e fanno emergere la forza dell’amore cristiano. Dio si serve di tante strade e di infiniti strumenti per raggiungere il cuore delle persone. Certo, i poveri si avvicinano a noi anche perché stiamo distribuendo loro il cibo, ma ciò di cui hanno veramente bisogno va oltre il piatto caldo o il panino che offriamo. I poveri hanno bisogno delle nostre mani per essere risollevati, dei nostri cuori per sentire di nuovo il calore dell’affetto, della nostra presenza per superare la solitudine. Hanno bisogno di amore, semplicemente.

 

9. A volte basta poco per restituire speranza: basta fermarsi, sorridere,  ascoltare. Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche; i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e progetti. I poveri sono persone a cui andare incontro: sono giovani e anziani soli da invitare a casa per condividere il pasto; uomini, donne e bambini che attendono una parola amica. I poveri ci salvano perché ci permettono di incontrare il volto di Gesù Cristo.

 

Agli occhi del mondo appare irragionevole pensare che la povertà e l’indigenza possano avere una forza salvifica; eppure, è quanto insegna l’Apostolo quando dice: «Non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1 Cor 1,26-29). Con gli occhi umani non si riesce a vedere questa forza salvifica; con gli occhi della fede, invece, la si vede all’opera e la si sperimenta in prima persona. Nel cuore del Popolo di Dio in cammino pulsa questa forza salvifica che non esclude nessuno e tutti coinvolge in un reale pellegrinaggio di conversione per riconoscere i poveri e amarli.

 

10. Il Signore non abbandona chi lo cerca e quanti lo invocano; «non dimentica il grido dei poveri» (Sal 9,13), perché le sue orecchie sono attente alla loro voce. La speranza del povero sfida le varie condizioni di morte, perché egli sa di essere particolarmente amato da Dio e così vince sulla sofferenza e l’esclusione. La sua condizione di povertà non gli toglie la dignità che ha ricevuto dal Creatore; egli vive nella certezza che gli sarà restituita pienamente da Dio stesso, il quale non è indifferente alla sorte dei suoi figli più deboli, al contrario, vede i loro affanni e dolori e li prende nelle sue mani, e dà loro forza e coraggio (cfr Sal 10,14). La speranza del povero si fa forte della certezza di essere accolto dal Signore, di trovare in lui giustizia vera, di essere rafforzato nel cuore per continuare ad amare (cfr Sal 10,17).

 

La condizione che è posta ai discepoli del Signore Gesù, per essere coerenti evangelizzatori, è di seminare segni tangibili di speranza. A tutte le comunità cristiane e a quanti sentono l’esigenza di portare speranza e conforto ai poveri, chiedo di impegnarsi perché questa Giornata Mondiale possa rafforzare in tanti la volontà di collaborare fattivamenteaffinché nessuno si senta privo della vicinanza e della solidarietà. Ci accompagnino le parole del profeta che annuncia un futuro diverso: «Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia» (Ml 3,20).

 

Francesco

 

 

 

13-03-2019

  

Cari fratelli e sorelle

ogni anno, mediante la Madre Chiesa, Dio «dona ai suoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché […] attingano ai misteri della redenzione la pienezza della vita nuova in Cristo» (Prefazio di Quaresima 1). In questo modo possiamo camminare, di Pasqua in Pasqua, verso il compimento di quella salvezza che già abbiamo ricevuto grazie al mistero pasquale di Cristo: «nella speranza infatti siamo stati salvati» (Rm 8,24). Questo mistero di salvezza, già operante in noi durante la vita terrena, è un processo dinamico che include anche la storia e tutto il creato. San Paolo arriva a dire: «L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19). In tale prospettiva vorrei offrire qualche spunto di riflessione, che accompagni il nostro cammino di conversione nella prossima Quaresima.

1. La redenzione del creato

La celebrazione del Triduo Pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo, culmine dell’anno liturgico, ci chiama ogni volta a vivere un itinerario di preparazione, consapevoli che il nostro diventare conformi a Cristo (cfr Rm 8,29) è un dono inestimabile della misericordia di Dio.

Se l’uomo vive da figlio di Dio, se vive da persona redenta, che si lascia guidare dallo Spirito Santo (cfr Rm 8,14) e sa riconoscere e mettere in pratica la legge di Dio, cominciando da quella inscritta nel suo cuore e nella natura, egli fa del bene anche al creato, cooperando alla sua redenzione. Per questo il creato – dice san Paolo – ha come un desiderio intensissimo che si manifestino i figli di Dio, che cioè quanti godono della grazia del mistero pasquale di Gesù ne vivano pienamente i frutti, destinati a raggiungere la loro compiuta maturazione nella redenzione dello stesso corpo umano. Quando la carità di Cristo trasfigura la vita dei santi – spirito, anima e corpo –, questi danno lode a Dio e, con la preghiera, la contemplazione, l’arte coinvolgono in questo anche le creature, come dimostra mirabilmente il “Cantico di frate sole” di San Francesco d’Assisi (cfr Enc. Laudato si’, 87). Ma in questo mondo l’armonia generata dalla redenzione è ancora e sempre minacciata dalla forza negativa del peccato e della morte.

2. La forza distruttiva del peccato

Infatti, quando non viviamo da figli di Dio, mettiamo spesso in atto comportamenti distruttivi verso il prossimo e le altre creature – ma anche verso noi stessi – ritenendo, più o meno consapevolmente, di poterne fare uso a nostro piacimento. L’intemperanza prende allora il sopravvento, conducendo a uno stile di vita che vìola i limiti che la nostra condizione umana e la natura ci chiedono di rispettare, seguendo quei desideri incontrollati che nel libro della Sapienza vengono attribuiti agli empi, ovvero a coloro che non hanno Dio come punto di riferimento delle loro azioni, né una speranza per il futuro (cfr 2,1-11). Se non siamo protesi continuamente verso la Pasqua, verso l’orizzonte della Risurrezione, è chiaro che la logica del tutto e subito, dell’avere sempre di più finisce per imporsi.

La causa di ogni male, lo sappiamo, è il peccato, che fin dal suo apparire in mezzo agli uomini ha interrotto la comunione con Dio, con gli altri e con il creato, al quale siamo legati anzitutto attraverso il nostro corpo. Rompendosi la comunione con Dio, si è venuto ad incrinare anche l’armonioso rapporto degli esseri umani con l’ambiente in cui sono chiamati a vivere, così che il giardino si è trasformato in un deserto (cfr Gen 3,17-18). Si tratta di quel peccato che porta l’uomo a ritenersi dio del creato, a sentirsene il padrone assoluto e a usarlo non per il fine voluto dal Creatore, ma per il proprio interesse, a scapito delle creature e degli altri.

Quando viene abbandonata la legge di Dio, la legge dell’amore, finisce per affermarsi la legge del più forte sul più debole. Il peccato che abita nel cuore dell’uomo (cfr Mc 7,20-23) – e si manifesta come avidità, brama per uno smodato benessere, disinteresse per il bene degli altri e spesso anche per il proprio – porta allo sfruttamento del creato, persone e ambiente, secondo quella cupidigia insaziabile che ritiene ogni desiderio un diritto e che prima o poi finirà per distruggere anche chi ne è dominato.

3. La forza risanatrice del pentimento e del perdono

Per questo, il creato ha la necessità impellente che si rivelino i figli di Dio, coloro che sono diventati “nuova creazione”: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2 Cor 5,17). Infatti, con la loro manifestazione anche il creato stesso può “fare pasqua”: aprirsi ai cieli nuovi e alla terra nuova (cfr Ap 21,1). E il cammino verso la Pasqua ci chiama proprio a restaurare il nostro volto e il nostro cuore di cristiani, tramite il pentimento, la conversione e il perdono, per poter vivere tutta la ricchezza della grazia del mistero pasquale.

Questa “impazienza”, questa attesa del creato troverà compimento quando si manifesteranno i figli di Dio, cioè quando i cristiani e tutti gli uomini entreranno decisamente in questo “travaglio” che è la conversione. Tutta la creazione è chiamata, insieme a noi, a uscire «dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). La Quaresima è segno sacramentale di questa conversione. Essa chiama i cristiani a incarnare più intensamente e concretamente il mistero pasquale nella loro vita personale, familiare e sociale, in particolare attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina.

Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore. Pregareper saper rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericordia. Fare elemosinaper uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene. E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità.

Cari fratelli e sorelle, la “quaresima” del Figlio di Dio è stata un entrare nel deserto del creato per farlo tornare ad essere quel giardino della comunione con Dio che era prima del peccato delle origini (cfr Mc 1,12-13; Is 51,3). La nostra Quaresima sia un ripercorrere lo stesso cammino, per portare la speranza di Cristo anche alla creazione, che «sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Non lasciamo trascorrere invano questo tempo favorevole! Chiediamo a Dio di aiutarci a mettere in atto un cammino di vera conversione. Abbandoniamo l’egoismo, lo sguardo fisso su noi stessi, e rivolgiamoci alla Pasqua di Gesù; facciamoci prossimi dei fratelli e delle sorelle in difficoltà, condividendo con loro i nostri beni spirituali e materiali. Così, accogliendo nel concreto della nostra vita la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, attireremo anche sul creato la sua forza trasformatrice.

Francesco

29-01-2019

 

Giornata per la vita 2019:  

“È vita, è futuro” 

Messaggio della CEI per la 41ª Giornata nazionale per la vita 2019 sul tema “È vita, è futuro”.

 

Germoglia la speranza 

“Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” (Is 43,19). L’annuncio di Isaia al popolo testimonia una speranza affidabile nel domani di ogni donna e ogni uomo, che ha radici di certezza nel presente, in quello che possiamo riconoscere dell’opera sorgiva di Dio, in ciascun essere umano e in ciascuna famiglia. È vita, è futuro nella famiglia! L’esistenza è il dono più prezioso fatto all’uomo, attraverso il quale siamo chiamati a partecipare al soffio vitale di Dio nel figlio suo Gesù. Questa è l’eredità, il germoglio, che possiamo lasciare alle nuove generazioni: “Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera” (1Tim 6, 18-19). 

Vita che “ringiovanisce” 

Gli anziani, che arricchiscono questo nostro Paese, sono la memoria del popolo. Dalla singola cellula all’intera composizione fisica del corpo, dai pensieri, dalle emozioni e dalle relazioni alla vita spirituale, non vi è dimensione dell’esistenza che non si trasformi nel tempo, “ringiovanendosi” anche nella maturità e nell’anzianità, quando non si spegne l’entusiasmo di essere in questo mondo. Accogliere, servire, promuovere la vita umana e custodire la sua dimora che è la terra significa scegliere di rinnovarsi e rinnovare, di lavorare per il bene comune guardando in avanti. Proprio lo sguardo saggio e ricco di esperienza degli anziani consentirà di rialzarsi dai terremoti – geologici e dell’anima – che il nostro Paese attraversa. 

Generazioni solidali 

Costruiamo oggi, pertanto, una solidale “alleanza tra le generazioni”, come ci ricorda con insistenza Papa Francesco. Così si consolida la certezza per il domani dei nostri figli e si spalanca l’orizzonte del dono di sé, che riempie di senso l’esistenza. “Il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita con i piedi ben piantati sulla terra e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide”, antiche e nuove. La mancanza di un lavoro stabile e dignitoso spegne nei più giovani l’anelito al futuro e aggrava il calo demografico, dovuto anche ad una mentalità antinatalista che, “non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire”. Si rende sempre più necessario un patto per la natalità, che coinvolga tutte le forze culturali e politiche e, oltre ogni sterile contrapposizione, riconosca la famiglia come grembo generativo del nostro Paese. 

L’abbraccio alla vita fragile genera futuro 

Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale. 

Nello stesso tempo ci è chiesta la cura di chi soffre per la malattia, per la violenza subita o per l’emarginazione, con il rispetto dovuto a ogni essere umano quando si presenta fragile. 

Non vanno poi dimenticati i rischi causati dall’indifferenza, dagli attentati all’integrità e alla salute della “casa comune”, che è il nostro pianeta. La vera ecologia è sempre integrale e custodisce la vita sin dai primi istanti. 

La vita fragile si genera in un abbraccio: “La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo”. Alla “piaga dell’aborto” – che “non è un male minore, è un crimine” – si aggiunge il dolore per le donne, gli uomini e i bambini la cui vita, bisognosa di trovare rifugio in una terra sicura, incontra tentativi crescenti di “respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze”. 

Incoraggiamo quindi la comunità cristiana e la società civile ad accogliere, custodire e promuovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine. Il futuro inizia oggi: è un investimento nel presente, con la certezza che “la vita è sempre un bene”, per noi e per i nostri figli. Per tutti. È un bene desiderabile e conseguibile.

 

27-12-2018

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
LII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE  

1° GENNAIO 2019   

La buona politica è al servizio della pace  

1. “Pace a questa casa!”  

Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10,5-6). 

 Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo. E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana. La “casa” di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.  

Sia questo dunque anche il mio augurio all’inizio del nuovo anno: “Pace a questa casa!”. 

2. La sfida della buona politica   

La pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy; è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione.  

 (segue)

11-12-2018

 

Carissiminon obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. 

Io, invece, vi voglio infastidire.

Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. 

Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.

I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza. 

+ Tonino Bello

13-10-2018

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2018

domenica, 21 ottobre  

Insieme ai giovani, portiamo il Vangelo a tutti  

Cari giovani, insieme a voi desidero riflettere sulla missione che Gesù ci ha affidato. Rivolgendomi a voi intendo includere tutti i cristiani, che vivono nella Chiesa l’avventura della loro esistenza come figli di Dio. Ciò che mi spinge a parlare a tutti, dialogando con voi, è la certezza che la fede cristiana resta sempre giovane quando si apre alla missione che Cristo ci consegna. «La missione rinvigorisce la fede» (Lett. enc. Redemptoris missio, 2), scriveva san Giovanni Paolo II, un Papa che tanto amava i giovani e a loro si è molto dedicato.  

L’occasione del Sinodo che celebreremo a Roma nel prossimo mese di ottobre, mese missionario, ci offre l’opportunità di comprendere meglio, alla luce della fede, ciò che il Signore Gesù vuole dire a voi giovani e, attraverso di voi, alle comunità cristiane. 

La vita è una missione 

Ogni uomo e donna è una missione, e questa è la ragione per cui si trova a vivere sulla terra. Essere attratti ed essere inviati sono i due movimenti che il nostro cuore, soprattutto quando è giovane in età, sente come forze interiori dell’amore che promettono futuro e spingono in avanti la nostra esistenza. Nessuno come i giovani sente quanto la vita irrompa e attragga. Vivere con gioia la propria responsabilità per il mondo è una grande sfida. Conosco bene le luci e le ombre dell’essere giovani, e se penso alla mia giovinezza e alla mia famiglia, ricordo l’intensità della speranza per un futuro migliore. Il fatto di trovarci in questo mondo non per nostra decisione, ci fa intuire che c’è un’iniziativa che ci precede e ci fa esistere. Ognuno di noi è chiamato a riflettere su questa realtà: «Io sono una missione in questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 273). 

(segue) 

10-09-2018

 

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI VESCOVI DEI TERRITORI DI MISSIONE
PARTECIPANTI AL SEMINARIO PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE
PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI 


 Cari Fratelli, buongiorno!

Sono lieto di incontrarvi in occasione del vostro seminario di formazione. Con voi saluto le comunità che vi sono affidate: i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i catechisti e i fedeli laici. Sono grato al Cardinale Filoni per le parole che mi ha rivolto e ringrazio anche Mons. Rugambwa e Mons. Dal Toso.

Chi è il vescovo? Interroghiamoci sulla nostra identità di pastori per averne più consapevolezza, pur sapendo che non esiste un modello-standard identico in tutti i luoghi. Il ministero del vescovo mette i brividi, tanto è grande il mistero che porta in sé. Grazie all’effusione dello Spirito Santo, il vescovo è configurato a Cristo Pastore e Sacerdote. È chiamato, cioè, ad avere i lineamenti del Buon Pastore e a fare proprio il cuore del sacerdozio, ovvero l’offerta della vita. Dunque non vive per sé, ma proteso a donare la vita alle pecore, in particolare a quelle più deboli e in pericolo. Per questo il vescovo nutre una vera e propria compassione per le folle di fratelli che sono come pecore senza pastore (cfr Mc 6,34) e per quanti in vari modi sono scartati. Vi chiedo di avere gesti e parole di speciale conforto per quanti sperimentano marginalità e degrado; più di altri hanno bisogno di percepire la predilezione del Signore, di cui siete le mani premurose.

Chi è il vescovo? Vorrei con voi abbozzare tre tratti essenziali: è uomo di preghiera, uomo dell’annuncio e uomo di comunione.

05-09-2018

 

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ
PAPA FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LA CURA DEL CREATO 2018
 

 Cari fratelli e sorelle!

In questa Giornata di Preghiera desidero anzitutto ringraziare il Signore per il dono della casa comune e per tutti gli uomini di buona volontà che si impegnano a custodirla. Sono grato anche per i numerosi progetti volti a promuovere lo studio e la tutela degli ecosistemi, per gli sforzi orientati allo sviluppo di un’agricoltura più sostenibile e di un’alimentazione più responsabile, per le varie iniziative educative, spirituali e liturgiche che coinvolgono nella cura del creato tanti cristiani in tutto il mondo.

Dobbiamo riconoscerlo: non abbiamo saputo custodire il creato con responsabilità. La situazione ambientale, a livello globale così come in molti luoghi specifici, non si può considerare soddisfacente. A ragione è emersa la necessità di una rinnovata e sana relazione tra l’umanità e il creato, la convinzione che solo una visione dell’uomo autentica e integrale ci permetterà di prenderci meglio cura del nostro pianeta a beneficio della presente e delle future generazioni, perché «non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia» (Lett. enc. Laudato si’,118).

 

20-07-2018

 

Per gli anziani che rimangono in Città ad agosto si aprono le porte della

 

Mensa Solidale

 

perché ciascuno si senta meno solo.

 

Dal 29 luglio al 26 agosto, tutti i giorni, per il pranzo delle ore 13,00.

Per poter usufruire del servizio, del tutto gratuito, occorre:

- avere più di 65 anni

- abitare nel territorio delle parrocchie della Città

- essere (abbastanza) autonomi

- avere voglia di condividere il pranzo con gioia e serenità

 - donare ai propri fratelli ed alle proprie sorelle un sorriso ed un gesto di amore

 Per quanti hanno difficoltà al raggiungere autonomamente la Mensa, è possibile richiedere il servizio di accompagnamento.

 

La Mensa Solidale opera nella piena gratuità, senza nulla chiedere, se non la benevolenza del Signore.

 Perché quanto viene preparato non vada sprecato, è necessario chiamare il numero 342 1618646 per segnalare la propria

 presenza.

 

 Mensa Solidale don Agostino, Via di Giura 73,

Casa don Tonino Bello.

11-10-2018

 

 

Domenica XXXIII del Tempo Ordinario
18 novembre 2018
 

 

Questo povero grida e il Signore lo ascolta

 

 1. «Questo povero grida e il Signore lo ascolta» (Sal 34,7). Le parole del Salmista diventano anche le nostre nel momento in cui siamo chiamati a incontrare le diverse condizioni di sofferenza ed emarginazione in cui vivono tanti fratelli e sorelle che siamo abituati a designare con il termine generico di “poveri”. Chi scrive quelle parole non è estraneo a questa condizione, al contrario. Egli fa esperienza diretta della povertà e, tuttavia, la trasforma in un canto di lode e di ringraziamento al Signore. Questo Salmo permette oggi anche a noi, immersi in tante forme di povertà, di comprendere chi sono i veri poveri verso cui siamo chiamati a rivolgere lo sguardo per ascoltare il loro grido e riconoscere le loro necessità

(segue) 

18-05-2018

 

5 chicchi di riso

X 1000 sorrisi

 

Santa Madre Teresa usava esortare tutti i Suoi figli a mettere in circolo 5 atteggiamenti dell’anima piccoli come i chicchi di riso ma tanto nutrienti come un’intera piantaggione:

silenzio, preghiera, fede, amore, servizio

se fai questo otterrai la PACE del cuore

fare del bene non ti costa nulla, e ti fa bene

nella tua dichiarazione dei redditi firma per il 5x1000 alla

Fondazione Madre Teresa di Calcutta

codice fiscale 95116970658

 

La Fondazione Madre Teresa di Calcutta opera nella piena carità, dona senza nulla chiedere e nulla ricevere, se non la benevolenza del Signore e l’aiuto della Provvidenza, non gode di contributi e finanziamenti pubblici o delle istituzioni di qualsiasi genere, ma solo del concreto sostegno dei benefattori.

 

Nell’anno 2017 la Fondazione ha sostenuto innumerevoli iniziative:

- le Mense Solidali hanno assicurato, senza nulla chiedere e nulla avere, oltre ventimila pasti ai nostri fratelli ed alle nostre sorelle meno fortunate, oltre ad una infinita quantità di sorrisi

- le Case di Accoglienza per gli Ultimi e le Case Solidali hanno donato ospitalità per oltre quattordicimila notti, tutte sottratte alla strada ed all’abbandono

- i Progetti di Adozione in Burundi, Ciad ed Hoduras hanno donato una speranza a centinaia e centinaia di bambine e bambini

- i Corridoi Umanitari, promossi dalla Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche e la Tavola Valdese, concretamente sostenuti dalla Fondazione Madre Teresa di Calcutta, hanno sottratto alla guerra in Siria interi nuclei familiari

- i Progetti di Vicinanza hanno donato una piccola luce a centinaia di bisognosi, dando loro la possibilità di avere qualche ricarica telefonica, un accertamento diagnostico, dei cicli di cura, un abbigliamento dignitoso, quanto strettamente necessario per vedere con più colore una quotidianetà spesso fatta solo di stenti

- la Raccolta delle Attrezzature Ospedaliere dismesse e la Raccolta delle Eccedenze Alimentari hanno contribuito ad un mondo più solidale ed attento al Creato

- i Progetti di Reiserimento Sociale hanno donato dignità a quanti stentavano ad averne, lavoro a quanti hanno trovato nell’impegno delle braccia, piuttosto che della mente, il loro futuro di onestà e rispetto per l’altro

- le Scuole di Italiano e quelle di Formazione Morale ed Educazione alla Vita hanno reso migliori centinaia di fratelli e sorelle, costretti a stili di vita non giusti

- il Progetto Carcere Aperto ha liberato numerosi fratelli dai loro fardelli di errori e vita sprecata

- il Progetto Famiglia ha donato un tetto amico a giovani costretti alla lontananza

 

Che cos'è il 5x1000

Sui moduli della dichiarazione dei redditi (730, CU e Unico Persone Fisiche) puoi destinare il 5x1000 del gettito Irpef alla Fondazione Madre Teresa di Calcutta.

Grazie alla norma introdotta dalla legge finanziaria del 2006, ciascuno di noi ha la facoltà di donare il 5x1000, comunque dovuto e senza nessuna spesa, a finalità sociali.

Attenzione: il 5x1000 non è in alternativa o sostitutivo all'8x1000, ma è un'ulteriore scelta di come devolvere una percentuale degli introiti destinati allo Stato.

Cinque per mille: come fare?

Destinare il 5x1000 della prossima dichiarazione dei redditi è facile:  basta firmare nella casella “sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale” ed indicare nell'apposito spazio il codice fiscale della Fondazione Madre Teresa di Calcutta: 95116970658

08-05-2018

https://www.youtube.com/channel/UCs639EEo2Fl3-kbUeE4LTbA

 

 

 

08-05-2018

 

Raccogliere gli abiti non più utili, e magari anche in buone condizioni, non soltanto per il loro valore materiale, quanto soprattutto quale segno di rispetto per il Creato.

In una “società dello scarto”, come spesso usa ripetere Papa Francesco, raccogliere gli indumenti non più utilizzati non significa dunque soltanto “vestire” quanti sono nel bisogno.

Per quanto persino incredibile, un modello culturale spesso basato sulla precarietà, ed anche sul culto dell’IO, finisce per creare una gran quantità di vestiario che viene acquistato per poi essere pressoché subito messo via, scartato, destinato alla discarica.

L’impegno dei volontari, costante e continuo, fonda la sua azione non soltanto sulla raccolta e distribuzione del vestiario, quanto soprattutto sulla “raccolta” delle storie di ciascuno e sulla “distribuzione” di umanità, per comprendere la povertà di chi ci sta attorno e la loro ricchezza interiore e così contribuire non soltanto ai bisogni materiali.

 

08-05-2018

Da lungo tempo la Fondazione Madre Teresa di Calcutta di occupa della raccolta delle eccedenze alimentari provenienti dagli esercizi di produzione e distribuzione. In una società dall’eccessivo consumismo troppo spesso anche tali attività finiscono per “sprecare” importanti quantità di prodotti ormai prossimi alla scadenza.  

L’impegno quotidiano dei volontari consente di evitare tale spreco e dare nuova vita ad alimenti altrimenti destinati alla discarica.

Oltre quindici le tonnellate di prodotti raccolti annualmente e subito utilizzati nelle Case di Accoglienza piuttosto che nella Mensa Solidale oltre che in massima parte distribuiti ad opera del Gruppo del Volontariato Vincenziano Parrocchiale a decine di famiglie bisognose.

La raccolta delle eccedenze è dunque un segno di aiuto concreto, ed anche un modo di contribuire alla salvaguardia del nostro Creato.

Il Progetto Raccolta Eccedenze Alimentari ha visto, nel corso dell’anno 2017, l’acquisto di un furgone destinato a tale servizio, oltre che di speciali contenitori adatti al trasporto in condizioni di sicurezza delle derrate alimentari.

Sostegno ancora una volta essenzialmente reso possibile dal contributo silenzioso e costante dei numerosi volontari che, oltre al dono del loro tempo, assicurano anche la copertura delle spese necessarie.

 

08-05-2018

 

Il Progetto Sartoria Solidale nasce con l’accoglienza, nell’ambito dei Corridoi Umanitari promossi dalla Comunità di Sant'Egidio con la collaborazione della Federazione delle Chiese Evangeliche e la Tavola Valdese,di alcune famiglie provenienti dalla martoriata Siria.

Tale progetto, sostenuto dalla Fondazione Madre Teresa di Calcutta, ha permesso a Samer, capofamiglia e sarto di ottima qualità, capace con le sue mani di confezionare abiti di ogni genere, di applicare le sue capacità al meglio.

Il Progetto dunque valorizza la sua arte aprendola ad un percorso di reinserimento sociale.

La Sartoria Solidale si autoalimenta, riuscendo così a sostenere la sue piccole spese e fornendo a quanti donano il loro tempo un piccolo reddito del quale disporre.

Il rammendo di un indumento, piuttosto che la riparazione di un tendaggio, la sistemazione di un vestito, l'adeguamento di un pantalone piuttosto che di una gonna, la creazione di una camicia su misura, piuttosto che di un cappotto o di un abito ... un momento non soltanto per ritrovare la luce, quanto anche per portare a vita nuova le proprie cose e così limitare lo spreco.

08-05-2018

Casa don Tonino Bello per la Città di Potenza nasce il 9 dicembre 2015 con l’obbiettivo di dare un luogo agli invisibili, a quanti non hanno alcun altro posto dove andare.

A ciascuno di loro è assicurato tutto quanto necessario per potersi ricostruire un futuro di dignità, serenità e gioia.

Innumerevoli, a volte persino incredibili, le storie vissute, pressoché tutte con un minimo denominatore comune:  l’abbandono.

Abbandonati da un sistema economico egoista, abbandonati da famiglie disintegrate, abbandonati da un mondo diviso tra i ricchi ed i poveri, abbandonati dalle istituzioni, anche pubbliche, sempre più lontane, abbandonati da una società che fa finta di non vedere, che si gira dall’altra parte.

A volte, abbandonati anche dal loro essere uomini, dimentichi della loro dignità, incapaci di vivere, ma intenti solo a sopravvivere.

Fratelli provenienti da ogni dove, spesso da un quartiere della Città piuttosto che da una lontana area povera del mondo, cacciati, emarginati, allontanati.

Tanti gli italiani, tanti i migranti fuggiti dalle persecuzioni, a volte semplicemente dalla fame e da un futuro che non c’è.

Tutti accolti con amore e senza distinzione alcuna, fratelli cristiani, piuttosto che mussulmani o di altro credo, tutti insieme per fare comunità, per ricostruire il proprio essere.

A ciascuno è assicurato un progetto di risocializzazione, per quanto possibile adeguato alle loro possibilità e speranze, nonché ogni assistenza materiale, anche per le esigenze di salute, piuttosto che nella incredibile quotidiana lotta con la burocrazia.

A ciascuno di loro è data la possibilità di seguire un percorso di formazione morale e, ancor prima, di vita comune.

La Casa don Tonino Bello, che indegnamente assume il nome dell’incredibile nostro fratello nella Fede, instancabile operatore della carità, è un luogo di ricostruzione degli uomini nel quale ad essere protagonisti non sono soltanto gli accolti, quanto proprio i tanti volontari che sperimentano nell’altro il desiderio di vita piena e vera.

Circa cinquemila le notti di accoglienza assicurate, tantissime le difficoltà affrontate per la contemporanea esecuzione dei lavori di ristrutturazione che, seppure per parte e per brevi periodi, ne hanno limitato la disponibilità.

La Casa, sin dal dicembre 2015 ha beneficiato di una integrale opera di ristrutturazione, non soltanto architettonica ed impiantistica ma anche di miglioramento statico.

L’allora diroccato edificio, inutilizzato da tantissimi anni, del tutto privo di qualsivoglia documentazione autorizzativa, persino non accatastato e non munito di alcuna verifica di idoneità statica, è dunque rinato a nuova vita!

Grazie al lavoro svolto la Casa don Tonino gode di una ampia area di socializzazione, di una importante cucina del tutto attrezzata, di diciotto posti letto, sette bagni, lavanderia e locali di deposito, oltre che di due ambienti per le attività e gli incontri, oltre che di una Cappella per consentire, a quanti vogliono, di raccogliersi nella preghiera.


 

08-05-2018

Il Progetto Casa San Francesco e Santa Chiara nasce dalla meravigliosa idea di aiutare gli altri senza nulla chiedere, se non la voglia di superare i momenti di difficoltà nella preghiera e con la costanza dell’amore!

Da un nucleo di appena tre camere con servizi, una cucina ed un’area di socializzazione, nel corso dell’anno 2016 e sino al sostanziale completamento avvenuto nel corso dell’anno 2017, si è giunti ad una articolata organizzazione degli spazi tale da assicurare una giusta ospitalità in favore dei fratelli e delle sorelle in stato di bisogno.

Dieci le camere di accoglienza, a due o tre letti, tutte munite di servizi, anche adeguate agli accolti con difficoltà deambulatorie, un’ampia area di socializzazione, due cucine, lavanderia e depositi oltre ad un dormitorio per l’emergenza con quattro posti letto, anch’esso munito di servizi, uno dei quali riservato alle esigenze igieniche di quanti bussano alla porta solo per trovare il beneficio di una doccia in un ambiente confortevole.

Una importante e consistente opera di ristrutturazione strutturale, architettonica ed impiantistica del Conventino dei frati minori della Provincia dell’Immacolata Concezione, annesso al Convento di Santa Maria del Sepolcro in Potenza, ha consentito di dare una Casa a quanti casa non hanno, un sollievo a quanti sono allontanati, scostati, emarginati da un mondo, da una società sempre più ingiusta, distante, indifferente.

Famiglie in difficoltà, fratelli e sorelle che hanno patito la tragedia di un congiunto gravemente malato, costretti a trascorrere lontano da casa un lungo periodo senza avere le necessarie condizioni economiche, donne sole ed abbandonate, a volte anche con minori al seguito, giovanissime maltrattate da un sistema di accoglienza economico ed affarista, persino spinte a vendere il loro corpo, senza fissa dimora privi di futuro, giovani migranti espulsi da un sistema pubblico che spesso, troppo spesso, emargina, allontana, violenta, rende peggiori, persino sostanzialmente costruito per alimentare clientele ed interessi, piuttosto che per sostenere quanti sono nel bisogno.

Oltre cinquemila le notti di accoglienza assicurate, all’incirca di pari numero i pasti preparati, il tutto nella piena ed assoluta gratuità e con la costante e silenziosa opera della Comunità dei frati minori e della Casa interprovinciale di formazione dell’Ordine che, tra l’altro, hanno persino donato buona parte dei necessari arredi.

04-05-2018

 

Il nostro Convento - Parrocchia, grazie alla sensibilità di Officina Sociale, è munita di un moderno cardio defibrillatore e molti dei volontari che donano il loro tempo alle innumerevoli attività sono muniti dell’attestato di primo soccorso per l’uso di tale apparecchiatura.

Se frequenti la Parrocchia e vuoi partecipare ai corsi di formazione per l’utilizzo del defibrillatore che periodicamente vengono svolti…scrivi ad  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

04-05-2018

 Il nostro Salone Parrocchiale è momento di incontro, di festa, di riflessione … se vuoi puoi utilizzarlo per festeggiare, per vedere con i tuoi amici una partita, piuttosto che un film, od anche per condividere i tuoi pensieri, ascoltare …  

Se ti occorre la disponibilità del Salone, chiedi in Parrocchia!

 

04-05-2018

 

Ecco il Teatro fra Leone! 

Un luogo di incontro recentemente ristrutturato, accessibile a tutti come è giusto che sia, munito delle dotazioni di sicurezza necessarie (uscite di emergenza, impianto di rilevazione ed espulsione dei fumi, impianto di riserva e pompaggio antincendio, illuminamento di emergenza, ricambio dell’aria, ecc.). 

Il Teatro fra Leone ospita gli incontri e gli spettacoli di Comunità, è un luogo dove poter condividere esperienze, vivere sensazioni, parlare ed ascoltare per poter migliorare la formazione di ciascuno e dunque percorrere al meglio il nostro cammino di vita sulla strada del Signore.

 

Frate Leone, colto sacerdote e abile calligrafo, fu uno dei compagni prediletti da San Francesco che lo volle come Suo confessore e segretario inseparabile, tanto da essere protagonista di molti episodi della vita di San Francesco. Frate Leone era amato dal Poverello di Assisi per due virtù particolari: la semplicità e la purezza di cuore, per le quali venne chiamato dal Santo “pecorella di Dio”. A lui San Francesco confidò la dimora della «vera e perfetta letizia», lo volle al Suo fianco quando compose la Nuova Regola, e, dopo aver ricevuto le Santissime Stimmate sul Monte La Verna, elesse frate Leone, tra gli altri più semplice e più puro, lasciandogli vedere e toccare le sante piaghe. A sottolineare il profondo legame tra i due, rimane come testimonianza anche la nota formula manoscritta della Benedizione che San Francesco dedicò a frate Leone:

Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate Leone.

 

Benedicat tibi Dominus et custodiat te ostendat faciem suam tibi et misereatur tui. Convertat vultum suum ad te et det tibi pacem. Dominus benedicat, frater Leo, te. 

03-05-2018

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 52ma GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

 

13 maggio 2018

 

« La verità vi farà liberi (Gv 8,32).
Fake news e giornalismo di pace»

 

 Cari fratelli e sorelle,

 

nel progetto di Dio, la comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione. L’essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello. E’ capace di raccontare la propria esperienza e il mondo, e di costruire così la memoria e la comprensione degli eventi. Ma l’uomo, se segue il proprio orgoglioso egoismo, può fare un uso distorto anche della facoltà di comunicare, come mostrano fin dall’inizio gli episodi biblici di Caino e Abele e della Torre di Babele (cfr Gen 4,1-16; 11,1-9). L’alterazione della verità è il sintomo tipico di tale distorsione, sia sul piano individuale che su quello collettivo. Al contrario, nella fedeltà alla logica di Dio la comunicazione diventa luogo per esprimere la propria responsabilità nella ricerca della verità e nella costruzione del bene. Oggi, in un contesto di comunicazione sempre più veloce e all’interno di un sistema digitale, assistiamo al fenomeno delle “notizie false”, le cosiddette fake news: esso ci invita a riflettere e mi ha suggerito di dedicare questo messaggio al tema della verità, come già hanno fatto più volte i miei predecessori a partire da Paolo VI (cfr Messaggio 1972: Le comunicazioni sociali al servizio della verità). Vorrei così offrire un contributo al comune impegno per prevenire la diffusione delle notizie false e per riscoprire il valore della professione giornalistica e la responsabilità personale di ciascuno nella comunicazione della verità.

 

1. Che cosa c’è di falso nelle “notizie false”?

 

Fake news è un termine discusso e oggetto di dibattito. Generalmente riguarda la disinformazione diffusa online o nei media tradizionali. Con questa espressione ci si riferisce dunque a informazioni infondate, basate su dati inesistenti o distorti e mirate a ingannare e persino a manipolare il lettore. La loro diffusione può rispondere a obiettivi voluti, influenzare le scelte politiche e favorire ricavi economici.

(segue)

 

27-04-2018

Se hai necessità di avere informazioni sulle celebrazioni, se vuoi indicarci una intenzione di preghiera, se hai necessità di un certificato del battesimo o della cresima … ci trovi nell’ufficio parrocchiale il giovedì ed il sabato dalle 16,30 alle 19,00.

Ma se dovessi avere difficoltà, non esitare a bussare al Convento, se possibile saremo pronti a riceverti, oppure scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

 

14-04-2018

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 55ª GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
  

 22 aprile 2018 

Ascoltare, discernere, vivere la chiamata del Signore

 

 Cari fratelli e sorelle,  

nell’ottobre prossimo si svolgerà la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che sarà dedicata ai giovani, in particolare al rapporto tra giovani, fede e vocazione. In quell’occasione avremo modo di approfondire come, al centro della nostra vita, ci sia la chiamata alla gioia che Dio ci rivolge e come questo sia «il progetto di Dio per gli uomini e le donne di ogni tempo» (Sinodo dei Vescovi, XV Assemblea Generale Ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Introduzione). 

Si tratta di una buona notizia che ci viene riannunciata con forza dalla 55ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni: non siamo immersi nel caso, né trascinati da una serie di eventi disordinati, ma, al contrario, la nostra vita e la nostra presenza nel mondo sono frutto di una vocazione divina!

 (segue)

10-04-2018

 

  

ESORTAZIONE APOSTOLICA

GAUDETE ET EXSULTATE

DEL SANTO PADRE
FRANCESCO

SULLA CHIAMATA ALLA SANTITÀ
NEL MONDO CONTEMPORANEO 

1. «Rallegratevi ed esultate» (Mt 5,12), dice Gesù a coloro che sono perseguitati o umiliati per causa sua. Il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità per la quale siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente. In realtà, fin dalle prime pagine della Bibbia è presente, in diversi modi, la chiamata alla santità. Così il Signore la proponeva ad Abramo: «Cammina davanti a me e sii integro» (Gen 17,1). 

2. Non ci si deve aspettare qui un trattato sulla santità, con tante definizioni e distinzioni che potrebbero arricchire questo importante tema, o con analisi che si potrebbero fare circa i mezzi di santificazione. Il mio umile obiettivo è far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità. Perché il Signore ha scelto ciascuno di noi «per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità» (Ef 1,4). 

 

CAPITOLO PRIMO

 

LA CHIAMATA ALLA SANTITÀ 

 

I santi che ci incoraggiano e ci accompagnano 

3. Nella Lettera agli Ebrei si menzionano diversi testimoni che ci incoraggiano a «[correre] con perseveranza nella corsa che ci sta davanti» (12,1). Lì si parla di Abramo, di Sara, di Mosè, di Gedeone e di altri ancora (cfr 11,1-12,3) e soprattutto siamo invitati a riconoscere che siamo «circondati da una moltitudine di testimoni» (12,1) che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta. E tra di loro può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine (cfr 2 Tm 1,5). Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore.

(segue)

 

07-02-2018

 

«Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12)

 

 Cari fratelli e sorelle

ancora una volta ci viene incontro la Pasqua del Signore! Per prepararci ad essa la Provvidenza di Dio ci offre ogni anno la Quaresima, «segno sacramentale della nostra conversione», che annuncia e realizza la possibilità di tornare al Signore con tutto il cuore e con tutta la vita. 

Anche quest’anno, con il presente messaggio, desidero aiutare tutta la Chiesa a vivere con gioia e verità in questo tempo di grazia; e lo faccio lasciandomi ispirare da un’espressione di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà» (24,12). 

Questa frase si trova nel discorso che riguarda la fine dei tempi e che è ambientato a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, proprio dove avrà inizio la passione del Signore. Rispondendo a una domanda dei discepoli, Gesù annuncia una grande tribolazione e descrive la situazione in cui potrebbe trovarsi la comunità dei credenti: di fronte ad eventi dolorosi, alcuni falsi profeti inganneranno molti, tanto da minacciare di spegnere nei cuori la carità che è il centro di tutto il Vangelo

(segue)

03-02-2018

 

Papa Francesco scende in campo contro la corruzione con una speciale intenzione di preghiera per il mese di febbraio che sarà veicolata in tutto il mondo attraverso la Rete mondiale di preghiera del Papa. “La corruzione è un processo di morte che nutre la cultura della morte perché la fame di potere non conosce limiti – dice il Papa in un video messaggio preparato per l’occasione-. La corruzione non si combatte con il silenzio”. “Preghiamo insieme – è l’appello di Bergoglio – perché coloro che hanno un potere materiale, politico o spirituale non si lascino dominare dalla corruzione”. “Dobbiamo parlarne – chiede Francesco – denunciarne i mali, comprenderla per poter mostrare la volontà di far valere la misericordia sulla meschinità, la bellezza sul nulla”. Il messaggio è stato presentato dal prefetto del dicastero per la Promozione dello Sviluppo umano integrale, il cardinale Peter Turkson che ha spiegato: “non dobbiamo parlare di risolvere la corruzione in teoria, ma combatterla in ogni settore” perché “i poveri pagano la festa dei corrotti”.

https://youtu.be/-jqIjp-tolQ

L’intenzione di preghiera di Papa Francesco per il mese di febbraio:

"Cosa c’è alla base della schiavitù, della disoccupazione, dell’abbandono dei beni comuni e della natura?
La corruzione, un processo mortale che nutre la cultura della morte
Perché la brama del potere e dell’avere non conosce limiti.
La corruzione non si combatte con il silenzio.
Dobbiamo parlarne, denunciarne i mali.
Comprenderla per poter mostrare la volontà di far valere la misericordia sulla meschinità, la bellezza sul nulla.
Preghiamo insieme perché coloro che hanno un potere materiale, politico o spirituale non si lascino dominare dalla corruzione."

Papa Francesco

 

20-01-2018

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXVI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

 

domenica 11 febbraio 2018

 

Mater Ecclesiae: «"Ecco tuo figlio ... Ecco tua madre".
E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé ...» (Gv 19, 26-27)

 

 Cari fratelli e sorelle,

 

il servizio della Chiesa ai malati e a coloro che se ne prendono cura deve continuare con sempre rinnovato vigore, in fedeltà al mandato del Signore (cfr Lc 9,2-6; Mt 10,1-8; Mc 6,7-13) e seguendo l’esempio molto eloquente del suo Fondatore e Maestro.

 

Quest’anno il tema della Giornata del malato ci è dato dalle parole che Gesù, innalzato sulla croce, rivolge a sua madre Maria e a Giovanni: «“Ecco tuo figlio ... Ecco tua madre”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19,26-27).

 

1. Queste parole del Signore illuminano profondamente il mistero della Croce. Essa non rappresenta una tragedia senza speranza, ma il luogo in cui Gesù mostra la sua gloria, e lascia le sue estreme volontà d’amore, che diventano regole costitutive della comunità cristiana e della vita di ogni discepolo.

 

Innanzitutto, le parole di Gesù danno origine alla vocazione materna di Maria nei confronti di tutta l’umanità. Lei sarà in particolare la madre dei discepoli del suo Figlio e si prenderà cura di loro e del loro cammino. E noi sappiamo che la cura materna di un figlio o una figlia comprende sia gli aspetti materiali sia quelli spirituali della sua educazione.

(segue)

30-12-2017

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

 

1° GENNAIO 2018 

 

Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace

 

 1. Augurio di pace

 

Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale, è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace». Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta.

 

Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.

 

Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento». Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità,delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare.

 (segue)

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