Scrive il pontefice: “La corruzione rivela una condotta anti-sociale tanto forte da sciogliere la validità dei rapporti e quindi, poi, i pilastri sui quali si fonda la società: la coesistenza fra persone e la vocazione a svilupparla”, perché sostituisce “il bene comune con un interesse particolare che contamina ogni prospettiva generale”.
La corruzione, continua papa Francesco, è all’origine dello “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”, “del degrado e del mancato sviluppo” e del “traffico di persone e di armi”. E anche dell’incuria, dell’assenza di servizi alle persone. Non a caso, accusa nella lunga prefazione al libro di Turkson edito da Rizzoli, è il linguaggio più comune delle mafie che si alimentano di questo “processo di morte”.
E’ necessaria “profonda questione culturale“, soprattutto in un momento in cui – prosegue Bergoglio – “molti non riescono a immaginare il futuro“: “Ne va della presenza della speranza nel mondo, senza la quale la vita perde quel senso di ricerca e possibilità di miglioramento che la rende tale”.
Poi si interroga sul perché “un peccatore può chiedere perdono” e invece il corrotto non lo fa mai: “Non ha la necessità di andare oltre, di cercare piste al di là di se stesso: è stanco ma sazio, pieno di sé”, è la conclusione del papa. Infine, uno sguardo dentro la Chiesa, che “non deve avere paura di purificare se stessa ricercando assiduamente la strada per migliorarsi”.